giovedì 2 ottobre 2014

Associazione Combattenti

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L'associazione Combattenti 
(gentile concessione dott. Ulisse Cambria)












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I prigionieri austro-ungarici al Castello di Milazzo

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Furono diversi i militari austro-ungarici che, catturati al fronte dall’Esercito Italiano, trascorsero un lungo periodo di prigionia nel Castello di Milazzo. Tra questi, il sottotenente degli alpini (kaiserschützen) Otto Jank, nato a Vienna e deceduto in seguito a malattia nell’Ospedale di Vaccarella l’11 giugno 1919. Riposa a Milazzo, dove nel cimitero si conserva questa lapide bronzea.




In basso lo stato di servizio del sottotenente Otto Jank 
 si ringrazia per la gentile concessione
KRiegsarchiv
Nottendorfer Gasse 2
1030 Wien 






La corrispondenza in entrata ed in uscita 
dal Castello di Milazzo. 
Si ringrazia per la gentile concessione 
il dott. Pippo Pandolfo.

La corrispondenza comprende missive relative al sottotenente Netolitzky ed al capitano Wagner.



In riferimento alla lettere del sottotenente Netolitzky e della sua famiglia, si evince in primo luogo che il prigioniero se la passa meglio dei suoi familiari. Cibo sufficiente, la possibilità di fare i bagni con tempo bello e caldo. Inoltre, notizie di un trasferimento a nord per il rimpatrio, quanto meno per i tedesco-boemi. In contrasto, la lettera dei genitori che racconta di disperazione e vergogna, di loro che hanno cibo sufficiente, mentre Vienna muore di fame. Note positive, la neve che ha lasciato i campi ed il sole che favorisce la crescita del raccolto; e da ultimo le buone notizie che arrivano dal congiunto in prigionia. Il militare lamenta che dal primo gennaio mancano dieci cartoline della famiglia. 



Per quel che riguarda le lettere del capitano Wagner - pare fosse un insegnante - anche da esse risulta che il trattamento riservato ai prigionieri fosse abbastanza buono. Per lui non si parla ancora di rimpatrio. Da una delle lettere appare anche che i prigionieri non avevano ben chiara quale fosse la nuova situazione politica e geografica degli stati dell’ex-impero austroungarico. Per il resto, niente di realmente significativo: preoccupazioni per il lavoro lasciato in Austria e per la salute del padre. Un pensiero anche all’amico Otto (Jank, ndr) , morto a Milazzo di spagnola.

 Prigionieri austro-ungarici nel Castello di Milazzo, 1918 (gentile concessione sig. Salvatore Patti).





Un ringraziamento affettuoso al dott. Carmelo Intersimone, che da Udine ci ha consentito di comprendere il significato di queste missive.





















La madre

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La madre, Carolina Di Maria in Ryolo










Il sindacalista

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Il sindacalista ufficiale di complemento



Giuseppe Currò

(1894-1959)


A Milazzo, nell’immediato dopoguerra, precisamente nel periodo compreso tra l’estate del 1920 ed il marzo del 1921, l’ordine pubblico venne alterato da gravi disordini scaturiti dalle rivendicazioni contadine rivolte in primo luogo ad ottenere gli aumenti salariali necessari a compensare il vertiginoso aumento del costo della vita causato dalla Grande Guerra appena terminata.



Protagonista di quelle lotte contadine fu Giuseppe Currò, un contadino di contrada Due Bagli (era colono dei Cumbo-Bonaccorsi) che oggi può essere ricordato a ragione come il Padre del sindacalismo milazzese.



Tornato dal Fronte, Giuseppe Currò fu Vincenzo, ufficiale di complemento dell’Esercito durante il primo conflitto mondiale, organizzò - comunque senza successo - i contadini milazzesi allo scopo di strappare ai locali proprietari terrieri, allora produttori vinicoli, alcuni aumenti salariali, oltre all’incremento della quota di prodotto-mosto spettante ai numerosissimi coloni della Piana.



Al Currò spettò il non facile compito di coordinare quelle rivendicazioni in un clima che in quel periodo si faceva sempre più incandescente a causa del dilagare dello squadrismo fascista.



L’organizzazione del movimento contadino sfociò nella creazione, era il marzo del 1921, della prima Camera del Lavoro milazzese, antenata dell’odierna sezione della CGIL, a capo della quale venne designato proprio il Currò.



Lo scontro raggiunse il suo apice in occasione dello sciopero del 29 marzo 1921, quando - come attesta un rapporto inviato dal Prefetto di Messina al Ministro dell’Interno - «circa 700 scioperanti armati bastoni, condotti dal Currò, scorazzarono campagne facendo smettere lavori campestri».



Alla Sua memoria è stata recentemente intitolata una strada della Piana.





Il “Prefetto di Ferro” Cesare Mori intercetta telegramma inviato alla Federterra di Bologna


 Gazzetta del Sud, 29 ottobre 2009




 Cerimonia d’intitolazione della via Giuseppe Currò nel novembre 2013 alla presenza del figlio del sindacalista emigrato in Australia



 Lapide marmorea al Cimitero di Milazzo

L'agrimensore

Pannelli Tricolore








Pannelli Tricolore